Si può dire, quindi, che la voce cantata sia una forma più complessa della voce parlata?
In realtà per certi versi è vero anche il contrario, per questo io le concepisco come un’antinomia. Per coloro che sostengono l’esistenza di una dicotomia tra le due voci, il canto è la forma più semplice di comunicazione, poiché veicola direttamente un sentimento, senza dover elaborare anche una parola dal contenuto congruente con il messaggio da veicolare. A mio avviso non è così, tra l’altro questa visione relega la voce cantata a mero strumento “traghettatore” di un’emozione interiore, come se quello che una persona dice mentre canta, fosse anche una sola vocale, o meglio un solo fonema, non contasse, rispetto alla intenzionalità emotiva. Se da un lato indubbiamente la voce cantata è un tramite più diretto della parola stessa e può essere colto istintivamente, proprio per la sua connotazione di imprinting, cioè di primissima modalità di apprendimento, pensate alle semplici melodie che accompagnano la lallazione nei neonati ( ho condotto alcuni interessanti studi in merito, si veda di seguito LINK LALLAZIONE), la voce cantata è sì la più semplice tra le due voci, ma non perché scollegata dall’aspetto fonetico, ma perché rappresenta la condizione più naturale. Infatti la prima cosa che hai imparato da bambino è la musicalità delle parole, armonizzando istintivamente la tua voce con quella della tua mamma. Quindi, il bambino, privo di linguaggio verbale in senso parlato, utilizza la ‘voce cantata’ in modo spontaneo. Ma pronunciare il suono “A” piuttosto che il suono “O”, ha una valenza emotiva legata all’imprinting, per questo la voce parlata e la voce cantata sono la stessa voce e addirittura da bambini, per veicolare le emozioni, usiamo la prosodia. Per questo la voce cantata è quella più naturale, è crescendo che, per una tacita convenzione sociale che predilige la celerità nella comunicazione e anche nell’illusoria convinzione di celare i nostri stati d’animo nel parlato, per imbarazzo e diffidenza verso l’altro, smettiamo di usarla come via primaria. Un esempio concreto di quanto, anche nella voce cantata, il significante è fondamentale, lo possiamo percepire pensando alla serie di fonemi (significante) a cui è associato il significato di madre, che è pressoché uguale in tutte le parti del mondo: Mummy, mum, mother (inglese), mamá (spagnolo), mom (tedesco), maman (francese), mamãe (portoghese), mami (albanese), mamma (norvegese, italiano, islandese, ecc.), mamă (rumeno), mama (ucraino, olandese, croato, ecc.), maminka (ceco), ma anche nei paesi lontanissimi dal nostro la pronuncia. Per questo, a mio parere, chiunque dovrebbe riscoprire questa modalità di espressione primordiale dell’anima. Infatti, chiunque dovrebbe concedersi di recuperare il diritto di tornare a provare emozioni cantando, non è un diritto per pochi, ma chiunque, con i giusti esercizi per migliorare la voce, appresi durante lezioni di canto con un esperto vocal coach, che sappia come alzare il volume della tua voce, in totale sicurezza, che, avvalendosi di tecniche di canto moderno, ti insegni come cantare bene le note alte con o senza falsetto (per i maschi), con o senza l’uso esclusivo della voce di testa ( per le femmine), chiunque, con il giusto vocal coach, quello cioè in grado di restituire la voce alle tue emozioni, può riscoprire la profonda sensazione di gioia di vivere che l’anima prova quando torna a cantare.